Come abbiamo più volte avuto occasione di dire la tintura naturale viene da molto lontano e sostanzialmente non è cambiato niente riguardo ai procedimenti per metterla a punto.
Da tempi lontanissimi ci vengono informazioni riguardo all’impiego di erbe, radici, foglie, fusti, cortecce e bacche utilizzati per tingere fibre naturali, purtroppo nel diciottesimo secolo con l’avvento dei coloranti sintetici, il loro impiego fu quasi del tutto abbandonato.
Oggi, a distanza di molto tempo, ci si rende conto che la bassa tossicità, la capacità di non procurare reazioni allergiche e la maggiore biodegradabilità dei pigmenti naturali offrono una splendida alternativa ai processi tessili oggi più diffusi.
Le fibre utilizzate per la tintura naturale possono essere di origine animale (lana, seta, cashmere, alpaca, cammello, yak) o di origine vegetale (lino, cotone, canapa, soia, bambù, ortica).
In entrambi i casi, le fibre devono essere preparate ad accogliere i pigmenti coloranti, questa operazione è detta mordenzatura.
Il processo di mordenzatura segue un protocollo diverso a seconda che si trattino fibre vegetali o animali, ma in entrambi i protocolli si utilizzano sostanze naturali.
Ogni fibra trattata richiede tempi di mordenzatura diversi dipendenti dalle sue caratteristiche.
Dopo essere stata mordenzata, la fibra è pronta per essere tinta, viene calata nel tino a freddo e piano piano si porta in temperatura; ottenuta la tonalità voluta, i fuochi vengono spenti e si attende il raffreddamento graduale delle fibre.
Questa operazione abbastanza lunga è indispensabile per due motivi principalmente:
– per evitare l’infeltrimento delle fibre e
– per permettere alle stesse di inglobare in maniera del tutto naturale i pigmenti.
Ogni tipologia di fibra assorbe i pigmenti in maniera completamente diversa; se nello stesso tino caliamo lana e seta, otterremo delle tonalità diverse, saranno sicuramente nella stessa paletta, ma risulteranno visibilmente diverse. Si dice che ogni fibra satura in maniera diversa.
Una volta raffreddate, le matasse entrano nel processo di sciacquatura, i risciacqui si ripetono sino quando l’acqua non risulta del tutto limpida.
Segue la stesura delle matasse, preferibilmente all’aperto e non a diretta esposizione dei raggi solari, nelle stagioni fredde si utilizzano camere ventilate e deumidificate.
Una volta asciutte le matasse vengono ricalate nei tini e riportate a temperatura per far perdere le eccedenze di pigmento che a causa della saturazione delle fibre sono rimaste solo appoggiate alla loro superficie.
Infine dopo un’altra stesura e asciugatura, le matasse vengono montate sugli arcolai per essere definitivamente confezionate. L’ultimo passaggio è la vaporizzazione delle matasse che permette la ripresa del volume delle fibre e le rende pronte per soddisfare i nostri sensi del tatto e della vista.
Ogni pigmento utilizzato ha per propria natura un tempo di stabilizzazione diverso, che varia da 24 h a 200 h, questo fa sì che chi si trova a lavorare filati tinti naturalmente possa notare un rilascio di pigmenti sulle mani o una ricaduta di polverine, questo non è un difetto di produzione, ma è la garanzia di un processo interamente naturale, senza impiego di procedimenti chimici, che ovvierebbero a questo, ma renderebbero non più totalmente naturale il prodotto.
Molte persone sono convinte che le tinture naturali non abbiano stabilità nel tempo, in realtà, se trattate con criterio, non hanno nulla da invidiare alle tinture di sintesi.
Trattandosi di prodotti naturali non devono essere assolutamente lavati meccanicamente e con l’utilizzo di prodotti chimici che contengono tensioattivi ed altre sostanze chimiche che non si sposano assolutamente con fibre tinte naturalmente e non chimicamente.
Molto semplicemente dobbiamo lavare i capi a temperatura di 25° utilizzando saponi vegetali (il sapone della nonna) e sciacquare con acqua e aceto (1 bicchiere per 4 litri di acqua), stendendo i capi lontano dai raggi solari.
Il protocollo di tintura non è standard, ogni tintore professionista ne segue uno suo.
Alcuni caricano il tino di pigmento e man mano che le fibre assorbono, ottengono colorazioni più chiare.
Non è il nostro caso, noi ricerchiamo la tonalità, anche la più chiara in tini diversi ottenendo così colorazioni sempre piene, corpose anche nella trasparenza dei toni più tenui.
Ogni pigmento può essere utilizzato solo o in miscela con altri, un bravo tintore ricerca in continuo nuove tonalità e, come un pittore, mischia, corregge, diluisce o addensa i pigmenti creando una tavolozza personalizzata che sta bene attento a non condividere con nessuno.
Come ogni artista riconosce le proprie tonalità in mezzo a tantissime altre. Ecco perché si dice che ogni tintore firma le proprie tinture.
Chi indossa capi realizzati con questi filati, più che un normale capo “indossa” un documento storico ed un filo ininterrotto con l’arte del passato.
di Cristiana Bellomi e Stefano Pinto per Hircus Filati